Intelligenza, per Ray Kurzweil, è «capacità di risolvere problemi usando risorse limitate, come il tempo». Ebbene, il celebre inventore è convinto che in 20 anni costruiremo macchine più intelligenti di noi. Il 2045 sarà il momento della «singolarità», ovvero dell’esplosione dell’intelligenza. Rappezzandoci con le tecnologie aumenteremo esponenzialmente le nostre capacità mentali, trascendendo i nostri limiti biologici. I robot saranno strumenti per ampliare il nostro intelletto e per mantenerci sani più a lungo.
Chi già ridacchia forse non sa che Kurzweil ha creato il primo scanner CCD, il primo sistema ottico per riconoscere i caratteri, la prima macchina che legge un testo (usata da Stevie Wonder) e la prima che riconosce il parlato. Ha vinto il Mit-Lemelson Prize, il maggior premio alll’innovazione, ha 18 lauree honoris causa e la sua Singularity University, fondata con Larry Page, è ospitata dalla Nasa. Può valer la pena ascoltare cosa ha da dire.
La sua definizione di intelligenza comprende anche quella emotiva: «la più complessa. Far ridere, provare sentimenti, essere sexy sono comportamenti molto intelligenti. Se consideriamo solo le abilità logiche, i computer sono già superiori a noi», spiega.
Quando sostiene che in 20 anni le capacità intellettive dei robot saranno pari alle nostre si basa principalmente su tre considerazioni. La prima è che le tecnologie dell’informazione progrediscono esponenzialmente (la potenza di calcolo raddoppia ogni anno); la seconda è che se stimiamo quanta capacità di calcolo serve per simulare l’intelligenza umana, questa capacità è già alla portata dei supercomputer e in 10 anni sarà in un pc. La terza riguarda l’elemento più importate di queste macchine: il software: «È una stima conservativa dire che avremo modelli di simulazione del nostro cervello funzionanti in 20 anni: la comprensione della mente fa progressi esponenziali. E ciò sarà la chiave per creare il software di simulazione dell’intelligenza umana», ha spiegato Kurzweil, il cui ultimo libro si intitola: How the Mind Works and How to Build Onee che sabato a Milano ha partecipato a un incontro organizzato da iLabs, laboratori di ricerca privati fondati 33 anni fa da Gabriele Rossi ed Antonella Canonico e finanziati coi proventi degli spin off.
«Quando, nel ’98, i supercomputer batterono il campione mondiale di scacchi, la gente disse che non sarebbero mai stati capaci di capire il linguaggio umano. Ma l’estate scorsa il supercomputer Watson ha vinto il quiz tv Jeopardy, dove le domande erano ricche di riferimenti emotivi, giochi di parole, battute (vedi il video http://www.youtube.com/watch?v=3bifUJCyMwI). Watson ha mostrato che i computer possono fare un buon lavoro nel capire il linguaggio umano. Infatti era in grado di comprendere le domande del quiz televisivo, e di rispondere, poiché aveva letto tutta wikipedia, innumerevoli pagine Internet, svariate enciclopedie e le ricorda tutte! Ha dunque la conoscenza. E' vero che Watson non è ancora a livello umano, ma rappresenta una delle pietre miliari. Quando i computer avranno raggiunto il livello dell’intelligenza umana, potranno padroneggiare tutta la conoscenza umana che è sul web e che continuerà a crescere esponenzialmente. Noi li useremo come strumenti per aumentare la nostra intelligenza (del resto lo stiamo già facendo) e per mantenerci sani. Non mi piace la parola transumanesimo, perché implica che non saremo più umani. Preferisco dire che trascenderemo i limiti della nostra biologia».
Quando ci saranno robot con le nostre capacità intellettive che disporranno dell’intero scibile umano, poiché leggeranno tutto il Web e non dimenticheranno nulla, sarà um mondo molto difficile da immaginare oggi. Ed è difficile accettare un tale cambiamento, tanto che molti ricercatori hanno criticato il lavoro di Kurzweil. «Alcuni non credono che l'aumento delle conoscenze sul funzionamento del cervello umano sia esponenziale, ma non è così: abbiamo a disposizione macchine sempre più precise per studiarlo, scanner sempre più evoluti, e sistemi di analisi dei dati sempre più potenti. Per Kurzweil la spiegazione è un'altra, non siamo fatti per prevedere avvenimenti che crescono con tali proporzioni: «la nostra intuizione del futuro è lineare, mentre il progresso è esponenziale. Senza considerare che quando una funzione aumenta esponenzialmente, le variazioni iniziali sono minime, difficili da percepire, poiché la curva logaritmica parte quasi piatta, per poi inpennarsi».
E voi che cosa ne pensate? Vi sembra verosimile che tra vent'anni avremo robot più intelligenti di noi? Robot dotati anche di intelligenza emotiva?
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