Carpe diem, suggeriva Orazio. Opinione condivisa da molta filosofia e alcune religioni, come quella buddista, che ritiene che cercare di concentrare la mente sul momento presente ci aiuti a sentirci più felici e in pace con noi stessi. Ebbene, anche una ricerca di due psicologi dell'Università di Harvard, Matthew Killingsworth and Daniel Gilbert, sembra mostrare che si sta meglio quando si pensa a ciò che si sta facendo, o vivendo, rispetto a quando si ha la testa tra le nuvole. Fantasticare, un’attività che facciamo molto spesso, ci causerebbe più tristezza che felicità.
“La mente umana è una mente errante, e una mente errante è infelice” scrivono i due ricercatori commentando i risultati del loro studio, che sarà pubblicato domani su Science. “La capacità di pensare a qualcosa che non sta accadendo è una conquista cognitiva che ci permette di pianificare, imparare e ragionare meglio, ma che ha un costo”. A differenza di altri animali, la nostra specie spende molto tempo a pensare a cose che non sono legate a ciò che sta avvenendo attorno a noi, per esempio a contemplare il passato, a speculare sul futuro, o a pensare a cose che probabilmente non diventeranno mai realtà. Addirittura pare che il fantasticare sia il nostro modo di mettere il nostro cervello “in folle”, in attesa. Scarica Fantasticare Lara Ricci.
Gli psicologi hanno sviluppato un'applicazione per iPhone chiamata 'Track Your Happiness' (monitora la tua felicità, che vedete nelle illustrazioni) e utilizzata per seguire 2250 persone tra i 18 e gli 88 anni, chiamandole più volte al giorno, ad intervalli casuali, per chiedere loro cosa stessero pensando e facendo, e per domandargli se la loro attività fosse piacevole, neutra, o sgradevole. I volontari potevano scegliere tra 22 diverse attività, come camminare, mangiare, fare shopping. In media il 46,9 % del tempo da svegli era speso a fantasticare, anche quando erano impegnati in qualche attività (che non fosse fare l’amore), per il 30% del loro tempo la mente vagava in pensieri non legati a ciò che stavano facendo.
Se vi state chiedendo se la verità non sia il contrario, ovvero che quando uno è triste rimugina di più, sembrerebbe di no: i due ricercatori, valutando lo sfasamento nelle risposte, si sono convinti che il fantasticare fosse in genere la causa, e non l'effetto, dell'infelicità dei volontari.
È poi emerso che le attività durante le quali pensiamo meno sono quelle che ci rendono più felici, per esempio fare l’amore, ginnastica o parlare; si è più tristi, invece, quando si riposa, lavora, usa il computer (bella scoperta dirà qualcuno, che subito abbandonerà il nostro sfortunato blog).
Restate ancora un secondo per dirci che cosa ne pensate, anche perché, concentrandovi su questo compito, vi sentirete molto meglio 😉
Siete più felici quando vivete il momento o quando fantasticate? Perché?
È forse anche per questo che gli artisti, i poeti, gli scrittori, sono soggetti a grandi malinconie?
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