Conclusione: Che forma hanno i giganti?

Cari lettori,
lo scopo di questa domanda è offrire uno spunto di riflessione a partire da una notizia interessante e che sembra mettere in dubbio conoscenze acquisite. La prima domanda era dedicata a un tema affascinante e, in fondo, poco discusso: quello del perché gli organismi viventi hanno una certa forma piuttosto che un’altra. Tema che incuriosì, fra gli altri, Galileo e fu esplorato da grandi matematici quali Alan Turing, o anche, come suggerito da alcuni di voi, da D’Arcy Wentworth Thompson, che scrisse un saggio molto piacevole da leggere, Crescita e Forma, purtroppo esaurito (ma Bollati Boringhieri ci assicura che è in ristampa, anche se probabilmente non prima di marzo 2010). Tale argomento è tutt’ora studiato da un ramo della biologia noto come Evo-Devo, abbreviazione di Evolutionary developmental biology (per chi fosse interessato suggeriamo la lettura di Forme del divenire. Evo-devo: la biologia evoluzionistica dello sviluppo, Einaudi, di Alessandro Minelli).
Questa rubrica non è un quiz, né prevede necessariamente una risposta “che squadri da ogni lato” la complessa realtà che proponiamo. Vogliamo presentare una notizia, senza necessariamente convalidarla, e discuterla con i lettori e con gli autori. Più che dare risposte preferiamo sollevare domande, suscitare curiosità piuttosto che saziarle, e offrire qualche strumento in più di riflessione.
Che forma hanno i giganti? E’ possibile che un animale, nel corso della sua evoluzione, possa divenire 10-100 volte più grande senza perdere le proporzioni corporee?
Prima di porre la domanda a voi l’abbiamo posta a due dei principali autori dell’articolo pubblicato online su “Science” (www.sciencexpress.org): Paul Sereno dell’Università di Chicago, Stephen L. Brusatte, della divisione di paleontologia dell’American museum on natural history di New York.
Era legittimo chiedersi, come ha fatto una lettrice, se il nuovo fossile tanto simile, in proporzione, al T. rex, non fosse semplicemente un cucciolo. Ma questo aspetto era già trattato nell’articolo, pubblicato su un giornale scientifico con revisione peer-to-peer, e dunque controllato da esperti in materia: gli autori assicuravano che si trattava di un esemplare di sei anni, al termine dell’età della crescita.
Messa da parte questa ipotesi, ecco le risposte dei due ricercatori.
Stephen L. Brusatte, un giovane geologo che si occupa di paleontologia ritiene che il piccolo Raptorex kriegsteini possa mostrare come la natura sia in grado di produrre creature straordinarie, che neppure Galileo poteva immaginare. “Abbiamo di fronte un piccolo tirannosauride che ha le stesse proporzioni generali del tirannosauro, un animale che è cento volte più grande! Non è tuttavia un evento comune in natura, anzi, è il solo esempio che mi viene alla mente, però mostra come la natura sia ancora capace di sorprenderci”.
Più articolata invece la risposta del paleontologo Paul Sereno (www.paulsereno.org). Il ricercatore, la cui madre è originaria di Lucca, di una cosa è sicuro: l’intuizione di Galileo è ancora verificata. Non è possibile avere copie esatte di un animale se la taglia aumenta. Questo da loro descritto sarebbe un caso estremo, ma che comunque non invalida le considerazioni di Galilei: infatti, seppure le proporzioni dei due animali siano in gran parte mantenute, i principali elementi di supporto, le vertebre e le zampe posteriori, mostrerebbero un notevole irrobustimento per quel che concerne lo spessore delle ossa, e anche le zampe
anteriori, pur avendo esattamente le stesse proporzioni, sarebbero più solide. Inoltre il femore del T.rex sarebbe più lungo.
Elementi che non erano evidenti nell’articolo di “Science”, ma che ci rassicurano. Tuttavia, il ricercatore insiste nel volere sottolineare quanto la scoperta dei due rettili in scala 1 a 100 (per massa corporea) sia comunque sorprendente: “il Raptorex possiede infatti tutte le caratteristiche di quei giganteschi predatori che erano i tirannosauri: un cranio proporzionatamente ampio, denti anteriori a forma di incisivi, una potente muscolatura per la chiusura della mascella, grandi bulbi olfattivi, minute zampe anteriori con “mani” e omeri relativamente grandi, zampe posteriori con proporzioni da corridore e molte altre ancora….”



In altre parole, queste “forme” erano funzionali sia a un “piccolo” predatore lungo neanche tre metri, sia a un gigante di quindici. Secondo il ricercatore non ci sarebbe nessun altro gruppo di dinosauri predatori che abbia un antenato con tutte le principali caratteristiche di questi ultimi, ma con una taglia assai ridotta.
E così ci inoltriamo in un altro degli aspetti interessanti di cui si occupa Evo-Devo: non ci sono solo le considerazioni meccaniche cui faceva riferimento Galileo a rendere possibile la presenza di una certa forma in natura, ma anche considerazioni legate all’ambiente, per esempio alle prede di cui si nutre, o al territorio nel quale caccia (nel caso in esame Paul Sereno, ritiene che si possa ipotizzare che i due rettili si nutrissero di prede differenti, ma che le cacciassero allo stesso modo: per inseguimento).
Speriamo di avervi incuriosito!
L’appuntamento è ogni domenica sulla “Domenica” e online all’indirizzo www.ilsole24ore.com/scienza-filosofia

P.S. Visti gli interventi che abbiamo ricevuto, preferiamo chiarire che non era assolutamente nostra intenzione attaccare Galileo, anzi! Prendendo a prestito la citazione riportata da un lettore, è lui il vero Gigante (e comunque, come scriveva Paolo Rossi nella pagina della “Domenica” che ospitava questa rubrica, anche se avesse avuto torto, in questa marginale osservazione o in qualunque altra, non sarebbe stato un buon motivo per sottoporlo a processo, a una lunga tortura psicologica, per costringerlo a rinnegare pubblicamente le sue tesi …
Leggi l’articolo ).
Fa comunque piacere percepire che – a parte la forma (!) – oggi il genio pisano potrebbe avere più difensori di quanti non ebbe allora.