Il cambiamento climatico può provocare il collasso di una civiltà? Condizioni climatiche estreme possono spingere le popolazioni al di là dei limiti oltre i quali riescono ad adattarsi? Sfondare la cintura di protezione formata da pratiche sviluppate nel corso dei secoli per compensare ed attenuare tali avversità? Una grave siccità durata tre anni potrebbe essere all’origine della scomparsa dell’impero Ittita, e potrebbe addirittura avere innescato alcuni degli eventi che hanno portato al termine l’età del Bronzo nell’Asia occidentale, una fine repentina che da tempo interroga e affascina gli studiosi. È l’interessante ipotesi avanzata da uno studio di Sturt Manning della Cornell University (Ithaca, NY) e di altri colleghi americani e ciprioti pubblicato su “Nature”, studio che ha preso in considerazione elementi paleoclimatici e archeologici, e in particolare antichissimi tronchi d’albero ritrovati nel l tumulo funerario di re Mida che si trova nel sito archeologico di Gordio, nel centro dell’odierna Turchia.
Nel 1300 a.C., infatti, il Mediterraneo orientale era dominato dai prosperi imperi e regni degli Ittiti, degli Assiri, degli Egizi e dei Micenei. Solo 130 anni dopo, nel 1170, gli stessi Stati erano in decadenza: i sistemi politici ittiti e micenei si erano dissolti, e l’impero Assiro e Egizio erano ridotti alle loro regioni centrali. Finiva così l’età del bronzo ( 3000-1180 a.C.) e aveva inizio quella del ferro (1180-330 a.C.). Le cause di questo cambio di passo sono state molto dibattute e comprendono cambiamenti nelle tecniche di lavorazione dei metalli e belliche, grandi migrazioni, invasioni di una misteriosa alleanza marittima di popoli navigatori, guerre interne, cambiamenti climatici, carestie ed epidemie. Ma restano molte domande sull’elemento scatenante: è stato il cambiamento climatico a causare la carestia e di conseguenza le guerre? È stata la carestia e la siccità a favorire le epidemie e le migrazioni? O forse sono state le migrazioni a innescare le epidemie?
La ricerca pubblicata su “Nature” è andata a analizzare i ginepri coevi all’impero Ittita – che per cinque secoli prosperò, resistendo a minacce di carattere sociopolitico, economico o ambientale. Tronchi d’alberi che, come l’impero Ittita, si sono sviluppati nella semi-arida Anatolia centrale.
Sono stati esaminati gli anelli di accrescimento e l’aridità del clima è stata valutata anche attraverso l’analisi di alcuni isotopi, mostrando così un lungo e continuativo periodo di forte siccità aggravatasi ulteriormente tra 1198 e il 1196 a.C.
(già una decina di anni fa, del resto, ricercatori israeliani, studiando i sedimenti del mare della Galilea avevano concluso che una siccità lunga circa 150 anni aveva colpito la zona tra il 1250 e il 1100 a.C.). È in questo periodo che gli archivi reali si interrompono, e Hattusha, centro politico e religioso di questa cività, viene abbadonata. Secondo gli autori dello studio l’inedita aridità provocò una duratura carestia, poiché i territori centrali dell’impero non avevano sbocco sul mare e dipendevano dalla produzione regionale di grano e dall’allevamento, che sono particolarmente vulnerabili alla siccità.
I ricercatori suggeriscono che furono le carenze idriche e alimentari a dare origine a disordini politici, economici e sociali, oltre che alle epidemie che potrebbero aver innescato il collasso dell’impero ittita. Non solo, osservano che avvenimenti simili potrebbero concatenarsi anche oggi, a causa di condizioni climatiche estreme che si protraggono per molti anni scardinando i meccanismi di compensazione finora sviluppati. Il riscaldamento del clima potrebbe cioè spingere le popolazioni al di là dei limiti oltre i quali riescono ad adattarsi, e provocare il collasso anche di civiltà odierne.