Il posto delle fragole sta per essere spazzato via. I bulldozer sono pronti a sradicare dal pianeta un patrimonio d'inestimabile valore per l'umanità, un giacimento di biodiversità la cui selezione ha richiesto millenni. Il governo russo sta per dare il via libera alla costruzione di case vacanze sugli orti a perdita d'occhio che, a una trentina di chilometri da San Pietroburgo, conservano 4mila varietà di piante da frutta e ornamentali raccolte in tutto il mondo in un secolo di sforzi, piante che per il 90% sono conservate solo qui.
La Stazione sperimentale Pavlovsk ha resistito all'assedio di Leningrado, all'accampamento dei tedeschi. Rischia di essere cancellata dal boom immobiliare: la causa civile che sancirà il passaggio di proprietà dei terreni, ora dell'Accademia delle scienze russa, è prevista per l'11 agosto.
Nei suoi orti sterminati crescono mille tipi diversi di fragole originarie di 40 paesi, da cui derivano le due varietà commerciali più diffuse oggi, mirtilli provenienti da 30 nazioni, 634 varietà di mele, svariati tipi di ciliege, amarene, pere, sorbole, frutti di bosco delle regioni boreali intraducibili in italiano, bacche ricche di vitamine, antiossidanti e nutrienti che potrebbero servire per selezionare nuove varietà commerciali con più sostanze utili all'organismo.
Pavlovsk non è una banca di semi, è una banca di piante. Non tutti i vegetali, infatti, si possono conservare tramite semi: non tutti li producono e altri possono perdere alcune loro caratteristiche se sono generati dal seme. Contadini e agronomi per secoli li hanno moltiplicati a partire da piante vive, ed è quello che da quasi cent'anni si fa nei campi di Pavlovsk, che è divenuta la più grande e preziosa collezione in vivo di piante da frutta del mondo. Una collezione che è quasi impossibile da spostare. Ci vorrebbero almeno dieci anni e milioni di euro.
Nel 1926 Pavlovsk fu fondata da Nikolai Vavilov, un botanico russo che si rese conto della necessità di creare banche delle sementi per conservare la diversità genetica. Iniziò a girare tutto il mondo per raccogliere le specie domestiche e selvatiche; si era accorto che specialmente là dove le varietà domestiche avevano avuto origine si trovava una maggiore diversità. Portò in patria 200mila piante. Si oppose però alle astruse teorie genetiche di Trofim Lysenko, il direttore dell'Accademia delle scienze agricole sovietica. Finì i suoi giorni nei campi di lavoro di Stalin, salvo essere riabilitato post mortem, emblema del conflitto tra scienza e ideologia. Ironia della sorte, il lascito vivente di questo grande scienziato rischia ora di soccombere nel conflitto tra conservazione e consumismo sfrenato.
Un errore grottesco di cui ci si pentirà per secoli. Emile Frison lo chiama «sacrilegio», e come dargli torto? Il presidente di Bioversity International, organismo per la ricerca e la protezione della biodiversità, esclama: «Non si rendono conto del valore economico che questa banca di germoplasma ha per la Russia, oltre che per l'umanità? Solo l'export russo di fragole vale 44,5 milioni di dollari l'anno; 240 quello mondiale. Se si perde la diversità sarà molto più difficile migliorare le varietà, adattarle al cambiamento climatico, proteggerle dalle malattie». Frison ha inviato una lettera al direttore generale della Fao, dell'Unep e ne sta preparando una per Vladimir Putin. Anche Cary Fowler, direttore del Global Crop Diversity Trust è intervenuto per prevenire «la maggiore perdita di biodiversità evitabile della sua vita», e proprio durante l'anno internazionale della biodiversità. Come suggerisce il film di Ingmar Bergman, "Il posto delle fragole", è il momento di fermarsi, e riconsiderare quali sono le cose davvero importanti.
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