Sul pianeta terra è nato un nuovo organismo, con vita propria, inventato dall’uomo. Lo annuncerà domani la rivista «Science»: è stato creato il primo batterio guidato da un genoma artificiale. Assemblato a piacimento, a partire da istruzioni contenute in un computer, da quattro bottiglie di sostanze chimiche e da un sintentizzatore di Dna. L'ultimo arrivato è un micronbo molto simile a uno già esistente, ma la speranza è creare un Mycoplasma laboratorium: un microrganismo il cui genoma sia fatto dei soli elementi essenziali per la vita e di una manciata di geni capaci di trasformarlo in una fabbrica di sostanze utili per l’umanità.
Il demiurgo è Craig Venter, uno degli uomini più conosciuti al mondo, nel vero senso della parola: il suo genoma fu uno dei primi 5 ad essere sequenziati, nel 2001. Il fondatore della Celera Genomics, che lasciò nel 2002, con Clyde Hutchinson e il Nobel Hamilton Smith sono il trio che insegue questo sogno dal 1995, quando sequenziarono, per primi, il genoma di due batteri. Uno dei due, il Mycoplasma genitalium, con soli 500 geni, è il microbo con il genoma più piccolo al mondo. Allora lo scopo era individuare le istruzioni che compongono l'essenza della vita per poi riassemblarle in laboratorio e creare l'organismo più semplice. Una cellula cioè con un patrimonio genetico brevissimo, che contenesse solo le informazioni fondamentali per nutrirsi e duplicarsi. Cancellarono così 100 geni, e mostrarono che il microbo continuava a sopravvivere.
Il passo successivo fu creare un Dna artificiale, a tavolino, e poi fare sì che funzionasse una volta inserito in una cellula ricevente. Questo si rivelò più difficile del previsto, anche perché la tecnologia necessaria doveva essere inventata. Nel 2007 il trio mostrò che era possibile trapiantare i cromosomi da una cellula di una specie batterica a un’altra, nel 2008 provarono di poter assemblare un genoma artificiale, ma poi la ricerca si impantanò perché il Mycoplasma genitalium era troppo lento a crescere, ci volevano settimane per capire se l’esperimento aveva funzionato. Cambiarono dunque organismo, ne presero uno più grande ma più vivace, il Mycoplasma mycoides, e cercarono di creare un Dna sintetico molto simile a quello di questa specie.
Oggi Venter, molto invecchiato, in una conferenza via Skype organizzata da «Science» ha annunciato che questo genoma artificiale è stato trapiantato con successo in un altro batterio, il Mycoplasma capricolum: qui ha rimpiazzato il Dna dell’ospite e ora la nuova cellula si riproduce allegramente producendo le proteine codificate dal genoma "parassita".
«Pensiamo che sia davvero un risultato importante, sia dal punto di vista scientifico sia da quello filosofico. Di sicuro ha cambiato il mio punto di vista sulla definizione della vita e sul come questa funzioni», ha detto Venter, che ha poi spiegato: «È abbastanza sorprendente vedere, quando sostituisci il "software" Dna nella cellula, come questa immediatamente inizi a leggere il nuovo software, e inizi a produrre un nuovo set di proteine; in breve tempo tutte le caratteristiche della prima specie scompaiono e iniziano a emergere le peculiarità della nuova cellula batterica. Quando guardiamo alle forme di vita, tendiamo a vederle come entità fisse. Ma questa ricerca mostra come in realtà siano dinamiche, come cambino da un istante all’altro. La vita è principalmente il risultato di un software, di un processo informatico. Il Dna è quel software, le cellule lo leggono continuamente, fanno nuove proteine che a loro volta producono nuove componenti della cellula. Prima di oggi era difficile immaginare quanto dinamico fosse questo processo». La vita è dunque un costante divenire, direbbe Eraclito.
«Questo è uno strumento molto potente per cercare di progettare una biologia che faccia quello che vogliamo noi. Ho diverse applicazioni in mente», dice Venter che, con il suo J. Craig Venter Institute, ha fatto domanda per diversi brevetti. La società che ha cofondato con Smith, la Syntethic Genomics, ha finanziato buona parte della ricerca e ha stretto alleanze con Novartis e ExxonMobil. Tra le possibili applicazioni c’è infatti lo sviluppo di alghe capaci di catturare il biossido di carbonio (CO2) e trasformarlo in idrocarburi che possano essere trattati nelle raffinerie, o creare batteri in grado di mangiare gli inquinanti nel suolo, o di produrre sostanze per farmaci o alimenti. Si possono inoltre studiare metodi per velocizzare la produzione dei vaccini. «Sono convinto che potremmo ridurre il tempo del 99%» sostiene Venter.
Tuttavia, nonostante il traguardo oggi raggiunto, la creazione di genomi "su misura" capaci di fare carburanti o farmaci, e la possibilità che questi funzionino una volta inseriti in una cellula ospite, è lontano. «Ci sono ancora grandi sfide da superare prima di poter pensare di creare un organismo dal nulla che faccia quel che vogliamo noi» ha detto Paul Keim, un genetista della Northern Arizona University, di Flagstaff. Insomma. Venter ha dato una sbirciatina nel futuro, ma le fabbriche di batteri artificiali che sgobbano per noi sono ancora fantascienza. Alcuni ricercatori hanno inoltre fatto notare che questo lavoro non ha creato una vera forma di vita sintetica, perché il genoma è stato inserito in una cellula esistente.
La ricerca, che ha impiegato una ventina di persone per oltre dieci anni, è costata 40 milioni di dollari.
Al momento le tecniche utilizzate da Venter sarebbero troppo complicate per risultare attraenti a qualunque terrorista. E Venter assicura che l'organismo prodotto è innocuo e comunque confinato in un laboratorio di alta sicurezza. Per il futuro stanno studiando sistemi per far sì che i nuovi organismi non possano scappare dal laboratorio: per esempio inserendo nel genoma geni "suicida", o utilizzando aminoacidi artificiali che non si trovano in natura. Tuttavia «questo esperimento riconfigurerà certamente la nostra immaginazione etica» ha detto Paul Rabinow, antropologo dell’Università della California (Berkeley), che studia la biologia sintetica. Man mano che nuove forme di vita artificiale saranno alla nostra portata sarà necessario creare apposite regole e forme di controllo. «Le possibilità di un uso improprio sfortunatamente esistono» ha detto a Science, Eckard Wimmer, della Stony Brook University (New York State), che nel 2002 creò il primo virus sintetico.
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