«Siete grotteschi! Grotteschi e disgustosi! Perché continuate a mangiare se non avete fame!?» esclama una ragazza nel film La grande abbuffata. Beati ominidi, non avevano di questi problemi. Allora il cibo era scarso ed era importante scegliere quello più energetico. Così, probabilmente, si è evoluta la nostra passione per dolci e grassi. Ah, il neolitico, quando l’esser golosi era una virtù! Oggi è una condanna. Uno studio sui ratti mostrerebbe addirittura che chi alterna grandi scorpacciate a tentativi di dieta, nei periodi in cui è a stecchetto soffrirebbe d’ansia e di scarsa motivazione, un po’ come se fosse in astinenza da droga o alcol. Unica medicina: tornare a rimpinzarsi.
È l’effetto Yo-Yo. «Ne so qualcosa, dopo che uno ha fallito e ricominciato una dieta tante volte nella vita, dimagrire diventa più difficile» dice Pietro Cottone, che ha deciso di vederci chiaro. Trentatré anni, con Valentina Sabino (31) – entrambi Assistant professor alla Boston University – ha appena pubblicato uno studio su «Pnas» che mostra che ratti sottoposti per un po’ di tempo a una dieta che alterna due giorni di cibo gustoso e zuccherino a cinque di sana alimentazione per bestie da laboratorio, nei giorni di magro iniziano a esibire ansia e scarsa motivazione, proprio come quando li si rende dipendenti dalle droghe.
I ricercatori sono dunque andati a vedere ciò che accadeva nel cervello dei ratti. Hanno osservato segnali di stress come nel caso di dipendenza da sostanze d’abuso: nell’amigdala – area coinvolta nella risposta allo stress, all’ansia e alla paura – si innalzava il Crf, il fattore di liberazione della corticotropina. Perché l’inquietudine sparisse bisognava dare ai roditori il mangime succulento, che da sostanza capace di dare piacere era diventata una medicina. Secondo voi gli alimenti gustosi danno dipendenza?
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