Due ragazzi pedalano nella notte per le strade di una linda città europea. Fermano le bici, si introducono in un vano e iniziano a frugare nei bidoni dei rifiuti. La scena di apertura di Taste the waste (Germania, 2011, di Valentin Thurn, www.tastethewaste.com), «gusta l’immondizia» non parla della crisi economica né degli effetti del lavoro precario. Racconta un nuovo modo di nutrirsi e di pensare che si sta diffondendo nel mondo sviluppato: dall’Europa all’America, al Giappone. Al grido di «salviamo il cibo dalla spazzatura» e di «mangiamo il pattume» gruppi di persone che vogliono ridurre il riscaldamento climatico e la fame nel mondo, saccheggiano i cassonetti delle loro città.
Pochi ne sono consapevoli, ma negli Usa o in Italia il cibo che si butta via è più di quello che si mangia. Con le vivande che finiscono nelle discariche di Europa e Nord America si potrebbero nutrire tre volte le persone che non hanno abbastanza da mangiare. Chi si discolpa, quando getta via il pane pensando che comunque non può spedirlo in Africa, deve considerare che più si butta, più il prezzo del grano sale, e si favorisce indirettamente la fame nel mondo. E quando il costo dei cereali raddoppia, come nel 2008, svariate centinaia di milioni di famiglie non riescono più a garantirsi un adeguato apporto calorico.
Non solo, se dimezzassimo lo spreco di cibo l’impatto sui gas serra sarebbe equivalente al togliere tutte le auto dalle strade del pianeta. Sono impressionanti le cifre che sciorina Taste the waste, o anche Dive! Living off America’s waste, di Jeremy Seifert (www.divethefilm.com), entrambi in programma al festival Cinemambiente di Torino (dal 31 maggio al 5 giugno, www.cinemambiente.it).
Quasi la metà dei vegetali prodotti sono scartati ancora prima di essere venduti all’ingrosso: sono troppo grandi o piccoli rispetto alle dimensioni imposte dalla grande distribuzione. O sono storti. Non vediamo più carote e cetrioli curvati non perché abbiamo imparato a farli dritti, ma perché quelli "deviati" sono eliminati. Inoltre i negozi oggi buttano i prodotti diversi giorni prima della scadenza. I consumatori, infatti, non comprano più beni che durano solo pochi giorni, e così i commercianti fanno più profitti se mettono sugli scaffali cibi appena arrivati.
Come se non bastasse, alcune leggi, quelle europee sono del 2006, hanno vietato di usare cibi scaduti come alimenti per animali. Così, per ingrassare la carne che arriverà nel nostro piatto, l’Europa ha bisogno di comprare 5 milioni di tonnellate di cereali: l’equivalente dell’intero raccolto dell’Austria. Infine la gente tende a riempirsi il frigo, anche se non consumerà tutto.
«Queste banane sono perfette – esclama accorata una donna che lavora ai mercati generali di Parigi -. Vengono dal Cameroon, il mio paese, dove i miei vicini non se le possono neanche permettere. E noi le buttiamo via. Non le possiamo dare nemmeno ai poveri. E' vietato portarle a casa persino ai noi dipendenti». «Sarei orgoglioso di essere arrestato per aver mangiato la spazzatura di qualcun altro – dice uno dei protagonisti di Dive! – C’è un conflitto tra ciò che credo sia giusto e ciò che è legale».
La gente ha iniziato a darsi da fare per cambiare leggi e abitudini, in modo di ridurre gli sprechi. Questo modo di pensare è arrivato anche in Italia, ne è un esempio Last Minute Market (www.lastminutemarket.it), spin-off dell’Università di Bologna per il recupero sostenibile di beni alimentari e generici, capitanato dal preside della facoltà di agraria, Andrea Segrè, che ha organizzato anche attività con Slowfood e sul tema ha pubblicato due libri (Lezioni di ecostile e Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo, scritto insieme a Luca Falasconi). Vik Muniz, artista brasiliano noto per le opere fatte con materiali raccolti nelle discariche, un po' come facevano gli esponenti dell’arte povera, in Waste Land (sempre in programma a Torino) commenta: “così si trasforma la materia in un’idea”.
E voi che cosa ne pensate? Siete disposti a dare un taglio al vostro spreco di cibo e a trovare dei sistemi per ridurlo in generale? Se sì, che cosa suggerite di fare? Sareste disposti a mangiare i cibi che oggi vengono buttati? Scrivete la vostra opinione inviando un commento.